CHI È FILIPPO

Ormai sono 11 anni che ho iniziato la mia avventura, 11 anni che sono passato da essere “cameriere” a essere “ristoratore”.

Ancora penso a quelle notti insonni a guardare il soffitto per paura di non farcela… ma poi mi sono affidato a quello che da sempre mi caratterizza: il mio istinto.

L’istinto è alla base delle scelte che hanno determinato la mia vita. Ogni qualvolta ho fatto uso della ragione in modo più approfondito, non ho avuto gli stessi risultati. L’istinto è quell’emozione che mi pervade, quel brivido, quella scintilla che mi fa capire quale sia la strada o la scelta che in quel momento devo fare. E non dico che si riveli sempre giusta, però è sicuramente ciò che in quel momento ritengo opportuno dover fare.

Essere Filippo:
l’istinto

Occasioni di questo tipo non sono mancate nella mia storia, una su tutte: come ho conosciuto la proprietaria di Ancilla, il ristorante che poi è diventato Filippo e, più di recente, la Brigata. Arrivai nei pressi del locale pervaso da tutti i dubbi del caso: mi chiedevo se la scelta di acquistare il ristorante fosse giusta o potesse rivelarsi un errore. Era pomeriggio, il locale era chiuso e la proprietaria mi aspettava.
Al telefono mi aveva detto:

“Vieni, così ti faccio vedere com’è il locale, quello che abbiamo…”

Non appena la signora mi aprì la porta, ci fu uno sguardo così pieno di energia che io le dissi immediatamente: “Giovanna, ti prometto che tratterò questo locale come un gioiello perché sento che anche se non ci conosciamo, c’è qualcosa che ci lega: pur non avendo niente in comune da un punto di vista culinario, l’amore e la passione per questo lavoro sarà il legame tra la vecchia gestione e quella di Filippo.” Le feci l’esempio di come fosse sufficiente, per me, fare una pasta all’olio fatta bene, far mangiare un taglierino fatto in casa dalle mani di una signora di casa, con l’olio buono e il parmigiano di qualità, per spiegare quella che era già la sintesi del mio ristorante. La visione di cosa avrei voluto trasmettere fu chiara fin da quel giorno, fin dal giorno in cui vidi per la prima volta quello che sarebbe diventato il mio primo locale.

Tutta la mia vita è stata legata al lavoro, siamo un intreccio: io sono il mio lavoro, il mio lavoro è Filippo e Filippo è la mia vita privata. Per quanto, a volte, provi a tenerle distinte, continuerò sempre a mettere tutto me stesso nel lavoro: in questo senso, il lavoro è esattamente la cartina tornasole del mio carattere.

Il mio locale, all’inizio, era stato plasmato su sei piatti che giravano ogni giorno, non perchè avessi avuto un’idea geniale presa da chissà quale locale in giro per il mondo, ma semplicemente perché un mio collega, all’epoca mio datore di lavoro, che si chiama Michele Marcucci, mi fece riflettere sul fatto che io avevo un carattere molto irrequieto e tendevo a stancarmi velocemente.

Mi disse: “Come fai, tu, Filippo, ad avere un ristorante?” E io gli risposi: “Hai ragione Michele, questa cosa devo tenerla presente…” Ed elaborando questo concetto nella mia testa mi dissi: “Ok, faccio un locale dove il menù lo cambio tutti i giorni: sono sicuro che non mi annoierò mai e non farò mai annoiare i miei clienti”.

L’istinto di Filippo uomo, prima che Filippo ristoratore, è quello di stare bene con se stesso. Solo così riesco a stare bene con il mio lavoro e con gli altri: questo è il motivo per cui ho deciso di non continuare la cucina di MUD.

Filippo mette la faccia in tutto quello che fa.

Per me significa essere chiaro ed essere franco. Se vogliamo, possiamo considerarlo un po’ un retaggio adolescenziale: da ragazzo, in qualche modo, nascondevo il mio modo di essere davanti agli altri. Le ferite che ho ricevuto soprattutto in quegli anni, mi hanno fatto capire che bisogna essere se stessi e metterci sempre la faccia, senza aver paura delle proprie convinzioni e delle proprie idee: solo questo ti da la forza e l’energia di poter sognare e credere in qualcosa.

Per Filippo, uomo e ristorante, è fondamentale essere in prima persona accanto ai propri clienti perché sono colui che ha concepito l’idea e, alla fine, solo chi concepisce l’idea può avere la forza di trasmetterla agli altri.

Questa è una riflessione che faccio anche alla luce di due anni di esperienza con MUD dove mi ero, volutamente, un po’ messo a lato per far emergere i miei ragazzi, ma mi sono reso conto, in ultima analisi, che solo chi è l’ideatore e il demiurgo dell’idea può esserne il promotore.

Per Filippo, uomo e ristorante, è fondamentale essere in prima persona accanto ai propri clienti perchè sono colui che ha concepito l’idea e, alla fine, solo chi concepisce l’idea può avere la forza di trasmetterla agli altri

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